Elettrocardiografo di Boulitte

Oggi, fare un elettrocardiogramma è una prassi comune, ma gli strumenti in uso ai nostri giorni sono il frutto di un percorso lungo e complesso.
La storia della elettrocardiografia si può far risalire, infatti, al 1838 quando Matteucci, a Pisa, dimostrò che ogni battito cardiaco avviene in concomitanza con una scarica elettrica.

Per l’analisi e il monitoraggio di questa funzionalità del cuore, venne realizzato uno strumento in grado di rilevare i potenziali elettrici legati all’attività cardiaca mediante elettrodi esterni e di fornirne una rappresentazione grafica: il primo elettrocardiografo a corda fu costruito da Wilhelm Einthoven nel 1901 anno in cui pubblicò anche il suo primo elettrocardiogramma. Per il forte sviluppo dato all’elettrocardiografia come strumento clinico vinse il premio Nobel per la fisiologia e la medicina nel 1924.
L’ Elettrocardiografo di Boulitte, dal nome dell’ingegnere francese che lo costruì nel 1922 a Parigi, è un elettrocardiografo della seconda generazione dei galvanometri a corda messi a punto da Einthoven: era composto da un filamento di quarzo rivestito di argento teso nel campo magnetico prodotto da un elettromagnete. Ai capi del filo erano collegati gli elettrodi provenienti dagli arti del paziente, che erano immersi in una soluzione salina. Quando passava una corrente attraverso il filo, si generava attorno ad esso un altro campo magnetico, che si sommava a quello dell’elettromagnete, determinando lo spostamento del filo. Questi spostamenti, opportunamente amplificati, venivano proiettati su una pellicola fotografica per la registrazione dei tracciati. Il film veniva poi sviluppato in camera oscura.

Altri pezzi
della Collezione

Continua la tua visita virtuale osservando altri numerosissimi pezzi e preparati degli abili dissettori e preparatori che hanno arricchito l’archivio dei Musei.