Museo di Anatomia patologica

Il Museo di Anatomia Patologica dell’Università degli Studi di Firenze nasce nel contesto dell’Accademia Medico-Fisica fiorentina, una società scientifica afferente al Gabinetto Vieusseux, che promuoveva lo studio delle scienze mediche secondo un’impostazione prettamente sperimentale. Fra i membri più illustri dell’Accademia sono da ricordare Pietro Betti (1784-1863) e Filippo Pacini (1812-1883). I preparati anatomici, che i soci medici della Società illustravano e proponevano per la pubblica discussione durante le adunanze accademiche, vennero a costituire un vero e proprio tesoro da custodire in un luogo appropriato: il Museo Patologico fu ufficialmente istituito il 7 aprile 1824. Pietro Betti, considerato a ragione la mente ispiratrice del Museo, ne fu il primo conservatore.

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Con l’Ordinamento delle Autopsie nell’Arcispedale approvato nel 1839, anche i compiti del Museo vennero meglio definiti. Le autopsie dovevano essere sempre presiedute dal direttore del Museo Patologico, mentre la storia clinica del paziente deceduto doveva essere letta e archiviata. I risultati dell’autopsia dovevano essere esaminati tenendo conto della diagnosi fatta dal medico curante e le parti del corpo asportate chirurgicamente dovevano essere consegnate al Museo. Venne contestualmente allestito un Registro delle Autopsie. Su proposta del Betti, nel 1840.

La raccolta museale di Anatomia Patologica comprende un ampio numero di preparati anatomici (osteologici, essiccati o conservati in mezzo liquido fissativo) e 116 modelli in cera. Opera in gran parte, di Giuseppe Ricci e, in minor misura, di due talentuosi artisti afferenti al celeberrimo laboratorio di ceroplastica della Specola, Luigi Calamai (1796-1851) e il suo allievo Egisto Tortori (1829–1893) le riproduzioni in cera documentano i quadri patologici noti e ritenuti più significativi, per rarità e gravità, dell’Ottocento, periodo storico in cui la Collezione vede la nascita ed il sostanziale ampliamento. Pensate come strumenti didattici per i giovani medici di un’epoca in cui era difficile conservare adeguatamente e a lungo i campioni chirurgici e autoptici, non si può tuttavia sottovalutare il valore artistico di queste opere, davvero uno straordinario esempio di simbiosi fra Arte e Scienza, di lunga e consolidata tradizione italiana e fiorentina in particolare.

Dell’attuale allestimento museale fanno parte anche 17 busti di gesso/marmo ritraenti alcune delle figure più importanti dello Studio Patologico toscano.

La Collezione

Dai uno sguardo da vicino ai reperti accuratamente catalogati e conservati, testimonianza preziosa della storia della scienza.